sabato 26 maggio 2012

pediatra

E' che la Pediatra di Isabel non è una che si spende in complimenti. E non è nemmeno di quelle che hanno la farfallina attaccata al camice, che sorridono, che chiamano i bimbi "tatino", o che offrono caramelle. No, proprio non è il genere.
In zona la chiamano in due modi: "marescialla" o "nazi". Entrambi appropriati direi.

Premettendo che la Pediatra di Isabel è tanto preparata quanto riservata e severa: "è una stronza mai vista ma è la migliore" mi dissero, ancora prima che Isabel nascesse. Me lo dissero dei conoscenti con figli, me lo disse il medico di base (il mio e quello di Lui), me lo ripeterono al corso pre-parto e poi pure i medici e le ostetriche dell'ospedale.

Quando poi Isabel è nata abbiamo scelto lei, anche se potete immaginare con che spirito l'ho scelta, divisa tra la paura di trovarmi male per la severità che mi era stata descritta e il desiderio di affidarmi ad una persona il più competente possibile.
Quando l'abbiamo conosciuta ci è subito stato chiaro il motivo di tutte le dicerie su di lei.


Tuttavia noi ci siamo sempre trovati benissimo. E' vero, è severissima e se la scocci per ogni minima cazzatina ti dice senza tanti giri di vivere serena e trovarti un altro Hobby, ma la sua competenza e la sua professionalità superano di gran lunga il carattere non sempre amichevole.
E soprattutto ADORA Isabel. Dal primo istante l'ha presa con affetto. E le sorride (raramente). Hanno un rapporto speciale, quelle due. E' come se Isabel sapesse che non deve aspettarsi

venerdì 29 luglio 2011

E mo chi glielo dice?!

"ehhhhhhhhhmbèèèèèèèè! umbebebimmmmm"

Mi guarda sospirando e attacca con un monologo tutto sospiri e parole incomprensibili al genere umano dall'anno in su, accompagnando il tutto con scrollate del capo e manine con i palmi rivolti all'insù.

La guardo e penso che è già grande e mi sembra che sia nata ieri.
Questi giorni stanno scavando sul suo volto una consapevolezza diversa, che ha il sapore del "sto diventando grande". E' cambiata, e a volte sembra quasi fare discorsi da grande: anche se il linguaggio che usa non è universalmente riconosciuto, si fa capire benissimo.

E penso a questi mesi vissuti in simbiosi con lei, alle gioie, alle scoperte, alle frustrazioni, alle lacrime, a quella sensansazione del "non ce la posso fare" e alla sorpresa del "forse ce la stiamo facendo".

E poi penso che tra poco meno di 20 giorni dovrò tornare a lavoro e mi sento come Giuda un attimo prima di baciare Cristo.
Perchè lei non sa e non puo' capire, al momento, che ci lasceremo e non saremo più io e lei, sempre insieme da mattina a sera, a giocare, rotolarci sul letto e ballare come matte... non sa che potrebbe capitarle di svegliarsi, chiamare "mamma" e vedersi raggiungere da qualcuno che mamma non è.
E la sorprendo a guardarmi fisso, con gli occhi sognanti, e il sorriso sulle guance.

E mi accorgo che, no,  non è affatto grande, non per tutto questo almeno.
Mi sembra di dover scegliere di andare ognuno per la propria strada, di abbandonarla lì e dirle "devi cavartela da sola".

E mi sento nuda come un verme.
Annientata.
E a pezzi.

venerdì 22 luglio 2011

Riflessi.

Si guarda allo specchio, sgrana gli occhi per la sorpresa poi sorride alla bimba di fronte a lei...
Allunga la manina per toccarla e quando sfiora la superfice dura, inarca le sopracciglia ed escalama "Ehhh!"

La Amo.

martedì 19 luglio 2011

Nome proprio di... animale.

Da quando è nata Trudi la nostra vita sociale si è notevolmente ridotta.
No, diciamo proprio che non abbiamo più una vita sociale, ecco.
Succede che qualche giorno fa, inciampano per caso a casa nostra amici di vecchia data. Un po' perchè non ci si vede da tempo, un po' per la curiosità di conoscere la Piccola, ci vengono a trovare.

Amici che l'ultima volta che ci eravamo visti, eravamo su una spiaggia di notte, mezzi sbronzi a ballare a piedi nudi e a biscicare cose vietate ai minori di 16 anni, tipo.

E insomma che ci si aggiorna, ci si racconta un po' quello che ci eravamo persi, tengono la piccolina in braccio come fosse qualcosa di molto fragile (o una bomba che puo' esplodere al minimo movimento) e si fa serata.
A un certo punto, Isabel inizia a fare storie. Certe conversazioni da grandi che la tengono fuori dai giochi proprio non le piacciono, ecco.
"Vai a prenderle Lalla e Rina?" chiedo a lui.
"Mmm... ma se invece le diamo Niglio?! Magari si addormenta" fa lui.
I nostri amici ci guardano come se parlassimo arabo, quasi con timore.
"No, ecco sono giocattoli... per la piccola..."
"Ah. I suoi giocattoli hanno dei nomi propri?" chiede l'amico in tono quasi preoccupato.
"Certo! C'è Lalla, il pesce palla. Rina, la stella marina. Lipo il Polipo, Niglio il coniglio, Lena la balena, Giuliotta la paperotta, Alo lo squalo eh... poi amore?! ne dimentico qualcuno?!" dico io.
"Uhm... Drillo il coccodrillo lo hai detto?!" chiede lui.
"Ah, no! me lo dimentico sempre quello!"

Ci guardano sconvolti... si guardano come per dire che siamo fuori di testa, poi l'amico dice
"Ah. Quindi avete dato un nome ai giocattoli di vostra figlia. Uhm... insomma non c'avete un cazzo da fare eh?"


Ok, abbiamo decisamente bisogno di riprendere contatti col mondo esterno.
-_-'

lunedì 4 luglio 2011

Botta e Risposta

"Isabel?!"
"Eeeehhhhh!!"
"Amore, dov'è papà?!"
"Babà?! Babàààà!!!!"
"Si, amore, papà! Dov'è papà?!"
(Sguardo accigliato in direzione della porta, manine sollevate a palmo in su) "bapabapapapapapa... unggggggà!"
"Non c'è papà, amore?!"
"Ungggggggggghè!!"
"Adesso papà è al lavoro, ma fra un po' torna... e tu cosa dai a papà quando torna?! un sacco di bacini e abbracci?!
"Ehhhhhhhhh!! Unganghhhhhhhhhhheeee! babàbabàbabàààà!!" e se la ride di brutto.
No, vabbè, se mi avessero detto che una bambina di quasi otto mesi è in grado di rispondere e farsi capire benissimo nelle sue intenzioni non ci avrei mai creduto!
La Adoro.

venerdì 24 giugno 2011

Perdite.

Perdere qualcuno e perdere pezzi di sè.
La crudele consapevolezza che quel qualcuno non tornerà mai più, che non ti abbraccerà più.
Pensare al rapporto che c'era, a come si era evoluto.
Pensare a quando ti chiamava "zuccherino mio" e ti faceva trovare il gelato tutte le volte che andavi a trovarla.
E riflettere sul fatto che, forse, lei non c'era più già da un po'. Che se ne era andata più di trentanni fa, quando era morto suo marito, il nonno che non avevo mai conosciuto. Lì era finita la sua vita. E la malattia si era portata via il resto.
Quella malattia che le faceva confondere nomi, volti, persone. Quella malattia che l'aveva fatta tornare una bimba da accudire, lavare, cambiare. Quella malattia che, ogni tanto, le dava quache crudele momento di lucidità in cui riconosceva i suoi figli e i suoi nipoti e si rendeva conto del suo stato. E piangeva. Piangeva. Fino a quando non perdeva di nuovo il senno.
Vederle Isabel tra le braccia, gli occhi pieni di stupore, sentirmi chiedere: "è tua?! proprio tua?!" rispondere di sì e vederla piangere perchè ha sempre pensato che non avrebbe conosciuto i figli dei suoi nipoti.
Starle vicino durante l'agonia dei suoi ultimi giorni di vita e sentirla piangere e chiamare "mamma".
La prima parola che è anche l'ultima.
E riflettere sull'essere madre e l'essere figlia e fare un bilancio e capire che è sempre la vita ad avere la meglio.
Addio Nonna, possa tu essere in pace, finalmente.

venerdì 17 giugno 2011

Come sopravvivere?!

Siamo nel bel mezzo di certe fasi trasitorie ma importanti e fisiologiche.
Tipo quella in cui butta la roba per terra perchè le piace il rumore che fa, e poi strilla (forte ed incessantemente) perchè vuole che qualcuno  la raccolga.
E quando lo faccio, naturalmente, la lancia di nuovo per terra e ricomincia il gioco.
No, vabbè... io raccolgo una volta, due, tre, anche quattro ma poi mi scoppia la faccia...
-_-'

A-I-U-T-O-!